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Artisti in esposizione
Aguglia Gerardo
Bianchi Elena
Bibbo Cristian
Borella Filippo
Borghi Elena
Busisi Elena
Caiafa Antonio
Cano Enrico
Casti Giuliana
Caviezei Giovanni
Chiarlone Maria Paola
Cimarosti Vito Valentino
Corbetta Francesco
Cristaldi Elena
Del Franco Vincenzo
Galimberti Francesca
Luzzani Bruno
Mazzetti Antonio
Motti Gunza
Piccardo Andrea
Polacco Michele
Quintiliani Luisa
Rampoldi Antonietta
Schmidinger Marcello
Taiana Riccardo
Trecchi Walter
Zamperetti Antonio
Progetto di
Claudio Ronchetti
A cura di
Associazione Cardina
Allestimento
Antonio Mazzetti,
Fabio Butti,
Linda Morelli
Testi critici
Astori Massimo
Battarino Giuseppe
Caldarelli Michele
Clerici Fausta
Cristaldi Giovanna
Del Franco Vincenzo
Marzorati Stefano
Piccardo Andrea
Porro Gianni
Rapelli Annapaola
Tenti Loretta
Tomasetta Alfredo
Elena Bianchi
Sorrisi sospesi
–
Tratti dalla serie
“Pezzi di recupero”
assemblati e tenuti in
equilibrio da fili.
Cristian Bibbo
Luz
–
Stampa fotografica
cm 32,5 x 42,5
Elena Borghi
Sospensioni
–
Tecnica mista
Filippo Borella
Gli oggetti
disfunzionali
–
Tratti dalla serie
“Il prezzo del lavoro”
Elena Busisi
Spensierometro
–
Assemblaggio
tecnica mista
cm 34 x 28 x 6
Giovanni Caviezei
Girapiatto con
forchetta pick up
–
Collage e acrilici su tela
cm 20 x 30.
Anno 2016
Antonio Caiafa
Arte antica
e moderna tecnica:
giocando con
i colori
–
Acrilici gomma lacca
e smalti
Enrico Cano
Ahmedabad
–
India: università di
architettura progettata
dall’architetto indiano
Balkrishna Vithaldas
Doshi.
Anno 2013
Bianco Sahasrara
–
Dal lavoro “emozioni“.
Anno 1998
Giuliana Casti
Pozzanghera
–
Stampa fotografica
cm 60 x 45
Gioco nel bosco
–
Stampa fotografica
cm 60 x 45
Maria Paola Chiarlone
La scala del cuore
–
Inchiostro a pennino
su carta.
Anno 2014
Vito Valentino Cimarosti
Piano sensibile
–
Acero, rame
e acciaio
cm 216 x 42 x 38.
Anno 2007.
Tempo
–
Marmo botticino
e bronzo (fusione
a cera persa)
Base in noce
nazionale massello
cm 158 x 56 x 23
+ base.
Anno 2016
Francesco Corbetta
Cosa vedi?
–
Stampa fotografica
cm 74 x 115
+ istallazione
fotocamera
su treppiede.
Anno 2016.
Pezzo unico
Elena Cristaldi
Fossile manufatto
–
Tecnica mista, paste
e colori acrilici
Vincenzo Del Franco
Ragione e intelletto
–
Stampa fotografica
cm 59,4 x 42
Francesca Galimberti
Forme fluttuanti
–
Tre rettangoli di stoffa
con sovrapposizioni
cucite a macchina,
appesi a un filo
Bruno Luzzani
Pieghe non pieghe N. 1
–
Marmo di Carrara
cm 57 x 42 x 4.
Anno 2015
Pieghe non pieghe N. 2
–
Marmo di Carrara
cm 55 x 19 x 16.
Anno 2015
Pieghe non pieghe N. 3
–
Marmo di Carrara
cm 55 x 22 x 16.
Anno 2015
Pieghe non pieghe N. 4
–
Pietra moltrasina
cm 56 x 56 x 4.
Anno 2015
Antonio Mazzetti
Utensili inutili
–
Assemblaggio,
tecnica mista
Gunza Motti
La ZZZ zanzarunza
–
Tecnica mista su tela
cm 73,5 x 150
Andrea Piccardo
Munari x 2
–
Videodocumento
16’ colore
Michele Polacco
Frecce direzionali di volo per uccellini con senso estetico
–
Installazione ispirata alle “macchine inutili” di Bruno Munari.
Realizzata con squadre di plastica, carte colorate, filo di nylon
Luisa Quintiliani
I giardini del
piccolo principe
–
China su carta
da lucido
Antonietta Rampoldi
Il volo e il mare
–
Cornice quadrata
suddivisa in cinque parti
con oggetti raccolti sulle
spiagge del mare e del
lago
Marcello Schmidinger
Rivoluzione
industriale 2.0
–
Reportage
fotografico
Riccardo Taiana
Frantoio mobile
TEEM -
–
Olio su tela
cm 60 x 80.
Anno 2015
Frantoio mobile
e fresato d’asfalto
TEEM -
–
Olio su tela
cm 65 x 80.
Anno 2015
Walter Trecchi
EX X
–
Tecnica mista su carta
cm 59,4 x 42.
Anno 2002
EX XII
–
Tecnica mista su tela
cm 105 x 150
Anno 2002
Antonio Zamperetti
I soldi non
colorano la Vita
–
Un video di Pepe
ed Erri Zamperetti
Gerardo Aguglia
Presentazione di quattro brevi filmati in 8 mm
–
Ricordo di Marcello Piccardo, lo scopritore del
"Cinema dei Bambini"
Ho visto per l'ultima volta Marcello Piccardo alla presentazione del suo libro, "La collina del cinema" presso la biblioteca comunale di Como nella primavera del '92.
"Sulla collina di Monte Olimpino, negli anni fra il 1962 e il 1972, con Bruno Munari e i miei cinque figli, ci siamo reinventato il cinema (come produrre, realizzare e distribuire un film) e finalmente abbiamo scoperto il cinema fatto dai bambini".
Ecco, in estrema sintesi e per bocca dello stesso autore, il suo itinerario di vita e di lavoro. Ripensando soprattutto alla frase: " e finalmente abbiamo scoperto il cinema fatto dai bambini " provavo una sorta di irrefrenabile orgoglio, mentre andavo a quella presentazione. Anch'io avevo fatto parte, per tre anni "scolastici", di quell'irripetibile gruppo di lavoro che aveva assecondato con impegno rigoroso l'intuizione originale di Marcello (così lo chiamavano tutti): quella cioè di mettere finalmente una cinepresa nelle mani dei bambini per farli autori e non solo fruitori di cinema.
Erano anni ormai che non incontravo Marcello, da tempo trasferitosi a Mondovì: lontana ormai la stagione felice del cinema fatto dai bambini. Una stagione felice che aveva lasciato tracce profonde in tutti noi partecipi di quell'esperienza, ma ignorata dalla città.
"La città di Como non se n'è accorta" scrive ripetutamente Piccardo: ed è un'amarezza che condivido.
Amarezza. La lettura del libro mi aveva affascinato, ma anche un poco amareggiato, lo confesso.
Affascinato, perché "sentivo" in quelle pagine la voce di Marcello: una voce suadente, fatta di parole essenziali che assumevano una cadenza solenne e misurata. Come misurato era il movimento delle mani che si intrecciavano e si dipanavano con pacata dolcezza. E poi quella prosa, iconografica come le immagini di un film.
Un poco amareggiato, anche perché in quella sorta di diario esistenziale non si faceva alcun cenno al nostro gruppo. Che pure per tre anni aveva frequentato la "bianca casa quadrata" sulla collina di Cardina per "imparare cinema" e per "insegnare cinema" ai ragazzi delle elementari.
Erano stati tre anni intensissimi. Ma come era nata quella frequentazione?
Nel '65 avevo i bambini di seconda elementare a Monte Olimpino e si era sparsa d'un tratto la voce che in quella casona ai margini del bosco, fra i laghetti carichi di leggende, la villa Ravasi dall'enorme faggio rosso e il Crotto del lupo (allora veramente un rustico crotto di campagna) "si poteva imparare qualcosa di molto interessante ". Così, conclusa la giornata di scuola, alle quattro del pomeriggio, salivamo a quella casa in collina. E spesso venivamo avviluppati dalla luce abbaglia di un set in azione; talvolta ci fermavamo a commentare i primi timidi film che quelle "lezioni"ci suggerivano; spesso restavamo estasiati ad ascoltare i progetti di Marcello. La sua convinzione di fondo era semplice e geniale insieme: come potevano i bambini capire un film, decodificarlo, commentarlo, se non ne conoscevano la struttura interna, il linguaggio specifico? Era necessario che il film lo costruissero loro stessi, con le loro mani; che stendessero una sceneggiatura, che allestissero una scenografia, che scandissero i tempi delle riprese, che provvedessero al montaggio…
Il montaggio. Ricordo una conversazione con Marcello. Nel film di Germi, " il ferroviere", le immagini del treno in corsa, alternate in dissolvenza con quelle di un bambino che corre, preparavano all’incontro fra il macchinista e suo figlio. Le nostre proposte trovavano un fertile terreno. Erano gli stessi alunni a prendere il sopravvento: suggerendo i soggetti, indicando le scene da girare, attendendo con ansia il giorno del montaggio. La moviola, la giuntatrice, la boccetta dell’acetone divennero strumenti di uso corrente. Entrando in certe classi sembrava di essere in sartoria: gli spezzoni dei film che andavano giuntati pendevano dalle spalle dei ragazzi. Il silenzio era rotto soltanto dallo sfrigolio di un blocchetto di metallo zigrinato che limava i tronconi da incollare…
Ragazzi che oggi hanno più di quarant’anni figurano (conservo quei film) con i loro grembiuli neri e il fiocco azzurro mentre aprono una bottiglia e bevono da un bicchiere: oggetti che poi scompaiono come per incanto. Bastava "girare" due volte la stessa scena, con e senza oggetti Senza gli oggetti l’azione andava però mimata. Il film ci era stato suggerito, manco a dirlo, da un’idea di Marcello. Il mimo, diceva, è un’arte difficilissima. Gli oggetti rendono "banale"ogni nostro gesto: inforcarsi gli occhiali, sfogliare un libro, aprire una porta. Provate a mimare queste azioni senza la presenza fisica di un oggetto. Che squallore! Sequenze non rispettate; gesti ora affrettati, ora rallentati; di una goffaggine incredibile. A meno che… A meno che a mimare questi gesti non fossero due attori d’eccezione come Angelo Corti e Marisa Flasch.
È stata per me un’esperienza indimenticabile veder girare "Il mimo e l’oggetto": si trattava di piegare delle lenzuola e di riporle, con gag continue e variazioni sul tema. Eravamo conquistati dalla bravura dei due mimi. Solo a tarda sera le luci del set si spensero. Capitai, come altre volte, in cucina. La chiamavo la cucina di Fratta: così simile a quella descritta da Nievo. In un angolo, "la piccola Anna" faceva i compiti. Con naturalezza, come sempre, mi disse: "se hai fame, c’è pane e salame, lì dentro".
Qualche anno dopo i Piccardo spostarono altrove il film making dei bambini (su invito di Giovanni Belgrano, a Bosisio Parini, soprattutto). Ma noi seguivamo i loro progetti, "rubavamo" i loro soggetti. Particolarmente rilevanti furono le loro esperienze alla "Nostra famiglia".
Marcello era un pedagogista d’istinto. Probabilmente non aveva mai sentito parlare di Payot e della sua "carta dei sensi". Eppure il film "La chitarra" con la ricerca di un oggetto che offrisse il massimo di sensazioni – tattili, uditive, olfattive, ecc. – è stato studiato con estremo interesse da Piaget e dal suo gruppo di Ginevra (e numerosi insegnanti comaschi conobbero il famoso psicologo proprio in quell’occasione).
Molti di noi risposero alla chitarra con oggetti adeguati. Io scovai un vecchio fonografo a tromba. Gli attori di quel film, fra gli altri, sono oggi un dentista e un funzionario del Comune.
E l’amarezza, cui ho fatto cenno all’inizio? Uscendo dalla biblioteca, alla fine di quell’incontro, espressi questo mio stato d’animo a Marcello. Mi guardò sorridendo e mi disse: "L’importante è che tu abbia lavorato con noi. E poi, saranno i tuoi alunni ad esserti grati…".
Marcello Piccardo è morto ad Uggiate l’11 ottobre 1999. Aveva 85 anni.
Gerardo Aguglia
Tratto da BROLETTO, Numero 60, Inverno 1999/2000